PAOLO CALIARI
Nato a Verona nel 1528, Paolo Caliari (detto il Veronese) fu uno dei maggiori pittori italiani del Rinascimento. Giovanissimo allievo di Antonio Badile, lavorò soprattutto a Verona, Mantova, Padova, Vicenza e Venezia, realizzando i suoi dipinti seguendo uno spettacolare e colorato stile manierista
Figlio di uno scalpellino di nome Gabriele e di sua moglie Caterina, all'età di quattordici anni andò a fare pratica nella bottega di Antonio Badile, suo grande maestro ed in futuro anche cognato, che ben presto venne superato dall’allievo. Lasciata la bottega del Badile si addestrò nella cultura manierista di Parma, sviluppando nel tempo una propria preferenza per una gamma di colori più ampia. Nel 1548 lavora a Mantova dedicandosi agli affreschi del Duomo della città; nel 1551 arrivò per lui la prima commissione a Venezia, città in cui svolse gran parte del suo lavoro: la Sacra Conversazione da San Francesco della Vigna. Nel 1553 ottenne la prima commissione pubblica, l'affresco nella Sala dei Consiglio dei Dieci e dell'adiacente Sala dei Tre Capi del Consiglio. Dopo dipinse Storia di Ester nel soffitto della chiesa di San Sebastiano. Furono i suoi affreschi e quadri a San Sebastiano, nel palazzo Ducale e nella biblioteca Marciana che lo stabilirono maestro fra i suoi contemporanei. Queste opere indicano la maestria del Veronese, al livello del Correggio e Michelangelo. Nel 1556 Veronese vene incaricato di dipingere la sua prima scena monumentale di un banchetto, la Cena in casa di Simone, che concluse nel 1570. Durante una pausa dalle sue opere per la chiesa di San Sebastiano, Caliari ha decorato VILLA BARBARO A MASER, REALIZZATA DA ANDREA PALLADIO. Gli affreschi sono stati destinati ad unire la cultura umanistica e la spiritualità cristiana; fece anche i ritratti della famiglia Barbaro e soffitti con cieli blu e figure mitologiche. L'incontro fra l'architetto padovano e il pittore veronese fu un grande trionfo. Le Nozze di Cana, un olio su tela dipinto tra il 1562 ed il 1563, fu commissionato al pittore veronese per il refettorio palladiano dei frati Benedettini di San Giorgio Maggiore.
Come negli altri dipinti raffiguranti banchetti, la scena riproduce una delle festività rincorrenti nella città veneziana. La pittura è immensa: più di cento figure, compresi i ritratti di Tiziano, Tintoretto e dello stesso Veronese, sono organizzate su una tela di canapa larga quasi dieci metri. Ai fianchi della celebrazione ci sono due scale che portano ad un terrazzo con colonne romane ed un cielo brillante. Nei dipinti del refettorio Veronese ha organizzato le architetture per far apparire l'immagine più piatta, in questo modo accentua l'importanza dei protagonisti della processione. Il genius decorativo dell'artista era di riconoscere che gli effetti prospettici drammatici avrebbero intimorito in una stanza o in un cappella. L'IMMENSO DIPINTO DI 70 METRI QUADRATI fece parte del bottino di guerra degli emissari francesi, a seguito della pace di Campoformio fra Austria e Francia (1797); tagliato in strisce VENNE INVIATO IN FRANCIA ED E' OGGI ESPOSTO AL MUSEO DEL LOUVRE. Nel 1565 Paolo Caliari sposa Elena Badile, la figlia del suo primo maestro, da cui avrà quattro figli maschi e una figlia. Nel 1573 Veronese completò il dipinto della Cena nella Casa di Levi per la parete posteriore del refettorio della Basilica di San Zanipolo; misurando cinque metri di altezza e dodici di larghezza, rappresenta un'altra festa veneziana ed è la culminazione delle sue scene di banchetti, che include anche soldati tedeschi, comici nanetti ed animali. Proprio nel momento in cui l'uso del colore diventa più intenso e luminoso, l'attenzione ai sentimenti umani e all'interazione fisica tra le figure diventato più evidenti. La controriforma, che solo marginalmente aveva toccato la laica Serenissima Repubblica di Venezia, colpì il Veronese nel luglio 1573 quando fu convocato per spiegare l'inclusione di particolari estranei ed indecorosi nella sua pittura. Il tono dell'udienza fu cauto e non punitivo, ed il maestro spiegò che spesso i pittori si prendono le stesse libertà dei poeti e dei pazzi. Paolo Caliari morì a Venezia il 19 aprile 1588.
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