TODAY I WOULD LIKE TO BE A TREE



Studio la Città ospita una mostra collettiva dal titolo TODAY I WOULD LIKE TO BE A TREE, dedicata agli alberi come tema del lavoro di una selezione di 10 artisti, provenienti da culture e luoghi diversi: Abed Al Kadiri, Eelco Brand, Jacob Hashimoto, Izima Kaoru, Franco Passalacqua, Roberto Pugliese, Lucas Reiner, Mario Schifano, Giorgia Severi, Andre Woodward. Due terribili eventi accaduti nell’agosto 2020 ci hanno portato a riflettere ancora una volta sul rapporto uomo-natura. Abbiamo individuato l’albero come centro prospettico e focus tematico e dato all’esposizione il medesimo titolo del progetto di Al Kadiri, di cui sono esposte in mostra alcune carte e la tela originaria. I 10 artisti che fanno parte dell’esposizione hanno scelto l’albero come oggetto, ciascuno di loro con la propria voce e il proprio linguaggio, e delineato un racconto personale che parla della Natura, dell’uomo, della forza di reagire e di rinascere, della capacità di trovare un equilibrio, della vita in tutta la sua straordinaria complessità. Nell’agosto del 2020 un violento nubifragio ha colpito il territorio di Verona, sradicando oltre 500 alberi di grandi dimensioni e danneggiandone molti altri. Nei giorni precedenti una terribile esplosione nel porto di Beirut ha devastato la città e distrutto moltissimi edifici tra cui la galleria Tanit, alla quale siamo legati da una lunga amicizia. La galleria Tanit aveva appena inaugurato il 27 luglio la mostra Remains of the Last Red Rose di Abed Al Kadiri: dopo nemmeno dieci giorni tutto è andato perduto. Di fronte a questa perdita Abed decide di lavorare ad un nuovo progetto Today, I would like to be a Tree, in risposta al soffocamento, inteso in senso ampio e progetto di Al Kadiri, di cui sono esposte in mostra alcune carte e la tela originaria. I 10 artisti che fanno parte dell’esposizione hanno scelto l’albero come oggetto, ciascuno di loro con la propria voce e il proprio linguaggio, e delineato un racconto personale che parla della Natura, dell’uomo, della forza di reagire e di rinascere, della capacità di trovare un equilibrio, della vita in tutta la sua straordinaria complessità.
 
Apre il percorso espositivo l’opera storica di Roberto Pugliese Critici ostinati ritmici (2010) un tronco cavo tempestato di martelletti collegati ad un software che, ricevendo tramite internet i dati dei differenti siti ai quali è collegato e che in tempo reale mappano la deforestazione globale, attiva i martelletti che producono un suono simile a decine di metronomi impazziti. Ciascuno di questi “click” accade simbolicamente quando nel mondo viene abbattuto un albero. Una sorta di memento mori della natura. Abed Al Kadiri espone Today, I would like to be a Tree, la grande tela da cui nasce il progetto e tre pezzi dei due murales in carta, composti da 80 fogli, ciascuno dei quali è stato venduto on line e il cui ricavato andrà impiegato per la ricostruzione degli edifici distrutti dall’esplosione del 4 agosto 2020. L’albero diventa così la risposta, l’antidoto, la vita che abbraccia la terra, la strada per la guarigione. Eelco Brand utilizza il software 3D per ricostruire frammenti di paesaggio che nella realtà non esistono. Si tratta di costruzioni digitali che sono di fatto realtà immateriali. Il processo è il medesimo sia per le stampe sia per le animazioni, che non hanno un inizio né uno sviluppo narrativo e per questa ragione possono essere visti e fruiti proprio come “quadri in movimento”. Tree III di Jacob Hashimoto è un albero stilizzato in legno di cirmolo, sui cui rami si trovano delle palle luminose opalescenti, di fabbricazione digitale e dotate di un sistema di illuminazione. L’idea di un albero sacro, riportato nel nostro tempo offre una voluta artificiosità, è volutamente innaturale. Si tratta di un processo complesso, nel quale la natura viene idealizzata e poi attualizzata in una sorta di stilizzazione da parco giochi reale o virtuale. In mostra, a sorpresa, anche due inediti dipinti. La fotografia di Izima Kaoru sembra la scena di un film. Tutto è perfetto in ogni minimo dettaglio, impeccabile. L’artista ha chiesto alle protagoniste delle sue opere di rivelargli il luogo che immaginavano per la loro morte, l’abito che avrebbero voluto indossare, la posizione del corpo. Ecco dunque che il luogo, o meglio il set di una morte immaginaria, è inscenato dal giovane corpo della stessa modella abbigliata in eleganti abiti firmati. 
 
Il titolo stesso dell’opera sembra infatti preso a prestito da una sfilata di alta moda Tanja de Jager wears Christian Dior. L’albero è qui l’elemento naturale e mentre appare nella sua straordinaria spontaneità è al tempo stesso avvolto nel mistero dell’universo. Le piccole tele di Franco Passalacqua sono vedute dell’alto di una vegetazione forte, rigogliosa e più che mai viva. Sono porzioni compatte di alberi, di chiome, di boschi, carichi di tutto il colore di cui la natura è capace, e in grado di restituircene quasi l’odore spingendosi ben oltre la rappresentazione. Questi alberi, ridotti in atomi e poi moltiplicati, invadono tutto lo spazio, fino nei bordi del quadro, quasi oltre la tela, e ne sono elemento primario ed essenziale scevro da ogni riferimento ambientale.Gli alberi sono stati a lungo al centro del lavoro artistico di Lucas Reiner. Nel 2001 ha iniziato a dipingere gli alberi di Los Angeles, sua città natale, messi a dura prova dalla crescita e dai bisogni della civilizzazione. La loro capacità di resistere, di essere più forti e vitali delle avversità, diventa un racconto del complesso rapporto tra uomo e natura. La Palma di Mario Schifano è l’immagine per eccellenza dello specifico albero, pura e primordiale. Nel suo fare artistico l’atto vitale del dipingere diventa forte tanto quanto il soggetto dipinto, che si fa reale proprio perché rappresentata dall’azione concreta dell’uomo. È lui stesso che conferisce sostanza all’immagine fatta di tela, colore e gesto. Il lavoro artistico di Giorgia Severi è legato in maniera profonda al mondo naturale, spesso offeso e ferito dal comportamento dell’uomo. La sua riflessione nasce dalla consapevolezza del ruolo devastante che può avere l’uomo nei confronti della natura e fa appello ad un senso di responsabilità al quale può approdare l’umanità per preservarla. Il Calco in cellulosa del tronco di una Betulla Pendula, per preservarne la memoria vede appunto protagonista il “corpo” dell’albero, di cui non si vuole perdere memoria. L’opera di Andre Woodward è composta da un piccolo albero costretto in un cubo di cemento. Evidente appare qui l’idea di una lotta che sottende all’equilibrio o allo squilibrio naturale. L’albero attraverso la forza delle sue radici cerca di farsi spazio nel calcestruzzo e di vivere.
 
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