ASTRATTA ANNI ‘50



Nell’ambito di un’attività espositiva che da oltre cinquant’anni promuove e approfondisce aspetti inediti o poco noti dei protagonisti dell’arte italiana del XX secolo, Galleria dello Scudo sino alla fine di marzo ospita la mostra collettiva ASTRATTA ANNI ‘50. Una indagine circoscritta a un decennio senz’altro cruciale della pittura astratta in Italia nel secondo dopoguerra quando maturano esperienze che rivelano prerogative stilistiche del tutto peculiari, nate in un contesto di profondo e articolato impegno teorico e critico. Lo sguardo si focalizza sull’opera di sei autori ponendo in evidenza gli elementi che ne connotano il linguaggio in una fase circoscritta del loro percorso: Afro, Piero Dorazio, Antonio Sanfilippo, Toti Scialoja, Tancredi ed Emilio Vedova. Gli esiti delle loro ricerche furono, peraltro, oggetto di interesse da parte di artisti, critici e collezionisti europei e d’oltreoceano, che riconobbero in ognuno di essi tratti distintivi specifici. Il percorso è suddiviso per personalità, secondo una progressione cronologica.
 
Scrive Cesare Brandi a proposito del mutamento operato da Afro nella sua pittura all’inizio degli anni ’50: “Afro, in questo improvviso sconvolgimento dei suoi motivi pittorici aveva individuato il suo nuovo principio formale, che non è il colore veneto e neppure il dinamismo espressionista della pennellata… Afro capovolge la posizione del quadro, da fondale a schermo: resa di colpo trasparente, la tela è come se la luce ne uscisse con quei raggi che il sole emette dalle nuvole al tramonto”. Le tele di questo periodo presentano un nuovo temperamento pittorico. Il colore è steso sulla tela in modo sempre meno impositivo, fino a divenire quasi diafano nei dipinti della metà del decennio; la sua trasparenza lascia filtrare la luce che, anziché provenire dall’esterno, muove da una ignota fonte endogena. Sono creazioni complesse, imperniate sull’uso di gamme cromatiche che dialogano, non sempre esplicitamente, con un segno grafico relativamente autonomo, ricche di passaggi diversi, sospese fra la dichiarazione di un referente immaginativo, reale o di fantasia, e il nascondere le loro origini. I tre lavori ora in mostra attestano l’apprezzamento rivolto all’artista dal collezionismo statunitense. Giardino d’infanzia del 1951, esposto nel 1952 da Catherine Viviano, entra ben presto nella collezione di Lee A. Ault, collezionista d’arte e imprenditore nel settore dell’editoria, titolare della casa editrice Quadrangle Press, che curò la pubblicazione di monografie dedicate a Rufino Tamayo, Joan Mirò, o alle fiabe di La Fontaine illustrate da Alexander Calder. La piccola tela per L’ottomana I del 1952 fu venduta da Irene Brin e Gasparo del Corso, titolari della Galleria dell’Obelisco, ai coniugi Samuel J. e Audrey Levin, a cui si deve la donazione di opere di maestri internazionali del XX secolo al Saint Louis Art Museum. Doppia figura del 1954 venne acquistato nel 1955 da Stanley J. Seeger Jr., figlio di un magnate del petrolio di Dallas e lui stesso alla guida di un impero imprenditoriale. Seeger Jr. conservò a lungo il dipinto nella propria raccolta personale.
 
>> INGRESSO LIBERO dal lunedi al sabato, con orario continuato dalle 10.00 alle 19.30 (chiuso la domenica)
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