FUORI, NELLA TERRA DELL’UOMO



fino al 22 gennaio Palazzo Pellegrini, sede di Fondazione Cariverona, ospita la mostra FUORI, NELLA TERRA DELL’UOMO. Curata da Pietro Ruffo, con la direzione artistica di Jessica Bianchera e Will Davis, presenta  le collezioni di UniCredit e Fondazione Cariverona dedicate al tema dell’Antropocene e del paesaggio, in un progetto appositamente ideato in occasione di ArtVerona 17. Artisti in mostra: Mario Airò, Gabriele Basilico, Enzo e Raffaello Bassotto, Domenico Bianchi, Davide Bramante, Elia Cantori, Franco Fontana, Luigi Ghirri, Luca Gilli, Silvano Girardello, Minjung Kim, Augusto Manzini, Elio Marcheggiani, Antonio Nardi, Gioberto Noro, Giorgio Olivieri, Luca Pancrazzi, Jiang Pengyi, Pizzi Cannella, Pierluigi Pusole, Tobias Putrih, Pietro Ruffo, Mario Schifano, Aldo Tavella, Giulio Turcato, Bonifacio Veronese.
 
L’ambiente in cui viviamo, l’ambiente che abitiamo, l’ambiente che sentiamo, l’ambiente naturale che si ribella all’eccessiva ingerenza umana e che l’uomo cerca sempre più di controllare e connotare. Il paesaggio, rappresentato attraverso gli occhi dell’uomo, che si fa espressione di un mondo interiore è il tema della mostra FUORI, nella terra dell’uomo. La collettiva, che vede in mostra i lavori di 26 artisti di diverse provenienze geografiche, così come tecniche, stili ed epoche, è quindi un invito a guardare la Terra con uno sguardo nuovo, sia per misurarci con essa che per riscoprire noi stessi, come esortava a fare già nel 1939 il celebre autore del Piccolo Principe Antoine de Saint-Exupéry nel suo romanzo Terra degli uomini, da cui il titolo della mostra prende ispirazione. In questo mondo antropico e antropizzato il paesaggio oggetto delle oltre 30 opere esposte sembra essere una proiezione della mente dell’uomo, piuttosto che un luogo fisico reale. L’ambiente rappresentato, infatti, propone sempre il punto di vista umano, che stia nel gioco della visione tra riflessi, proiezioni e rimandi; nel taglio prospettico, volto a ingabbiare lo spazio potenzialmente infinito; in una mappa, che incasella nel foglio un territorio molto vasto e plurimi punti di vista, oppure in frammenti di architetture che nel loro riposizionarsi nello spazio creano nuove ambientazioni. La mostra può, quindi, essere intesa come una grande apertura da cui ci si affaccia per guardare il mondo esterno. Il visitatore si immergerà in resti di architetture, ammirerà panorami, si sporgerà da terrazze e finestre, sbircerà nelle case d’altri, tra le inferriate, aprendo le vetrate e leggendo in trasparenza cosa si cela dietro i paraventi, fino a ritrovare anche Verona stessa, creando così un cortocircuito della visione all’interno dell’itinerario artistico.
 
Il percorso espositivo, presentato attraverso la lente dell’artista-curatore Pietro Ruffo, si apre proprio con una sua opera altamente scenografica e concepita site-specific per l’occasione: Fuori (2022), una sorta di enorme sipario in voile, leggero ed etereo, su cui è riportata una foresta primordiale, archetipo del paesaggio naturale dal quale l’umanità proviene. Solo attraversando l’opera, questa membrana che filtra il dentro e il fuori, che “misura” l’ambiente con la sua carta millimetrata e lo contiene tra il colonnato del palazzo, sarà possibile accedere alla mostra; un ingresso obbligato che porta il visitatore a entrare nel messaggio dell’esposizione. Le opere che seguono raccontano tutte del rapporto tra interno ed esterno, non solo in modo fisico, ma anche metaforico, riferendosi alla sfera intima del sentire emozionale e mentale, come Stanza (2008) di Elia Cantori, sfera di cemento che simboleggia il racchiudere in sé tutti i paesaggi che abbiamo incamerato con le nostre esperienze, oppure Icona (n.1) (1972) di Giorgio Olivieri, archetipo della casa. L’umanità è sempre una presenza costante nel punto di vista dei lavori esposti, ma non con la sua presenza fisica, bensì con lo sguardo che mette in campo. La rappresentazione umana, quindi, è solo evocata: a volte si spinge a delineare silhouette o ombre singolari come in Casablanca, presenzassenza (1987) di Franco Fontana, altre è richiamata da forme antropomorfe, come in Ritratto di un borghese di Silvano Girardello (1967-1968), con la sola eccezione dell’olio su tela Il Banchetto di Didone (1540-1542 circa) di Bonifacio Veronese, unica opera non contemporanea in mostra, che riproduce figure umane impegnate in relazioni sociali. Ma l’eccezione conferma la regola, si dice. Infatti, l’opera riprende il tema dello sguardo dall’interno delle mura domestiche che, giocoforza, si riflette nel paesaggio. Un interno che rappresenta tutti i possibili interni della città marina che compare sullo sfondo del dipinto, ma anche delle nostre case di oggi da cui osserviamo e diamo significato al mondo “fuori”. Il tema della presenza umana, pressoché mai esplicita, chiama dunque in causa l’osservatore, che diventa protagonista di tutti questi ambienti cercando di scoprire il fuori dal dentro e viceversa, come in Bella coppia Pulcinelle (parte 1) (2003) di Pizzi Cannella o in Finestra nel vuoto (anni Ottanta del XX secolo) di Mario Schifano, dove il dentro e il fuori sembrano fondersi; ogni lavoro si fa, così, specchio di un paesaggio interiore.
 
>> INGRESSO LIBERO. La mostra è visitabile tutti i giorni dalle ore 10.00 alle 18.00. Nei giorni feriali, Cortile e Sala Basaldella; sabato e domenica Cortile, Sala Basaldella e Sala Polifunzionale. Chiusa per festività i giorni: 1° novembre, 8 dicembre, dal 24 dicembre al 1° gennaio 2023, dal 6 all’8 gennaio. Visite guidate gratuite il sabato e la domenica, alle ore 11.00 e alle ore 15.00
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