VALERIO CATULLO


Nato a Verona nell’anno 87 avanti Cristo, Gaio Valerio Catullo fu uno dei maggiori poeti dell’antica Roma. Rampollo di una agiata famiglia, con ricchi possedimenti e frequentazioni importanti, si trasferì in giovane età a Roma per completare i suoi studi. Nella capitale dell'impero trovò il luogo adatto in cui sviluppare le sue doti di scrittore e conobbe Lesbia, il grande amore della sua vita.

Giunto nella capitale quando ancora non era ancora ventenne, Catullo entrò ben presto in contatto con personaggi di prestigio, tra cui Giulio Cesare, Quinto Ortensio Ortalo e Cornelio Nepote; conobbe e strinse amicizia con Licinio Calvo, Aurelio, Fabullo, Cornelio, Cornificio e Veranio; letterati aventi suoi stessi ideali e gusti poetici. Con essi condivise le esperienze poetiche ed anche quelle mondane. Egli non partecipò mai attivamente alla vita politica della città, anzi voleva fare della sua poesia un ludus fra amici; una poesia leggera e lontana dagli ideali politici tanto osannati dai letterati del tempo. Tuttavia seguì la formazione del primo triumvirato, le imprese di Giulio Cesare in Gallia ed in Britannia, i tumulti fomentati da Clodio Pulcro, i patti di Lucca ed il secondo consolato di Pompeo. Nel 62 a.C. conobbe Lesbia, la donna che amò per tutta la vita e che tanto profondamente influenzò la sua poesia; la musa a cui dedicò alcune poesie tra le quali la famosa VIVEAMUS, MEA LESBIA, ATQUE AMEMUS. Il vero nome della donna era Clodia, una delle tre sorelle del tribuno Clodio Pulcro (grande nemico di Cicerone) e moglie del proconsole Metello Celere. La loro storia fu molto travagliata: Clodia era infatti donna elegante, raffinata e colta ma di costumi molto liberi: nelle poesie di Catullo troviamo i più contrastanti stati d'animo per lei, dall'amore all'odio. Per dimenticare le pene d’amore, Catullo lasciò Roma nel 57 a.C. e accompagnò il pretore Gaio Memmio in Bitinia, nell’odierna Turchia. Dopo questo viaggio, e dopo la visita alla tomba del fratello nella Troade, compose i suoi carmina docta. Nel 56 a.C. si trasferì nella maestosa villa di famiglia a Sirmione (i cui resti sono ancora oggi visitabili sul Lago di Garda), dove il poeta trascorse in solitudine gli ultimi due anni della sua vita, dopo aver rotto definitivamente ogni legame con Lesbia.

Quasi sicuramente fu proprio l'infelicità per la fine di quel rapporto che fece profondamente ammalare Catullo e ne affrettò la morte, che improvvisa lo colse quando era appena poco più che trentenne. Tra i 116 carmi del Liber Catullianus (la sua unica opera) venti sono quelli dedicati all’amata Lesbia, cinque a Giovenzio, uno a Cicerone, uno al fratello morto e una cinquantina sono invettive contro i suoi maggiori nemici culturali. Valerio Catullo è uno dei più noti rappresentanti DELLA SCUOLA DEI NEOTEORI, OVVERO DEI POETI NUOVI, i quali si richiamavano direttamente al poeta greco Callimaco, che creò un nuovo stile poetico che rappresenta una netta cesura rispetto alla poesia epica di tradizione omerica. Sia Callimaco che Catullo infatti, non descrivono le gesta degli antichi eroi o degli dei, preferendo tematiche legate ad episodi semplici e quotidiani. Catullo stesso definì il suo libro expolitum (levigato) a riprova del fatto che i suoi versi sono particolarmente elaborati e curati. Inoltre, al contrario della poesia epica, l'opera catulliana vuole evocare sentimenti ed emozioni profonde nel lettore. Catullo apprezzava molto anche le opere della poetessa greca Saffo, vissuta nel VI secolo a.C.: del resto gli stessi carmina del poeta costituiscono una fonte grazie alla quale è possibile conoscere l'opera della poetessa greca. In particolare il carmen catulliano 51 è la traduzione di una poesia di Saffo, mentre i carmina 61 e 62 sono componimenti ispirati a lavori perduti della poetessa di Lesbo. Si tratta di due Epitalami (poesie d'amore dedicate al matrimonio), una forma poetica molto amata da Saffo che cadde in disuso nei secoli successivi. La città di Verona ha dedicato al grande poeta il suo aeroporto internazionale.

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