ANTONIO SANFILIPPO, SEGNO E IMMAGINE



Sino al fine marzo la Galleria dello Scudo di Verona ospita una personale dell’artista Antonio Sanfilippo, curata da Fabrizio D'Amico e Francesco Tedeschi, dal titolo SEGNO E IMMAGINE, DIPINTI 1951-1960. La rassegna, organizzata in collaborazione con l’Archivio Accardi Sanfilippo di Roma, riunisce una selezione di dipinti realizzati tra il 1951 e il 1960, scelti a illustrare il percorso dell’artista che, dopo i primi lavori astratto-geometrici, giunge all’elaborazione di quel suo ‘segno’ inconfondibile, proliferante e sorvegliato al tempo stesso, che alla metà degli anni ’50 si manifesta in stretta sintonia con la cultura d’immagine dell’art autre di Michel Tapié, poetica allora dominante nella scena artistica internazionale. Il titolo segno e immagine (citazione del saggio di Cesare Brandi del 1960) evidenzia i due elementi che costituiscono il perno della ricerca di Sanfilippo, sempre in profonda e indissolubile relazione tra loro. Sanfilippo deve la sua prima e già salda notorietà all’esperienza nell’ambito del Gruppo Forma, cui dà vita a Roma nel 1947 assieme a molti di coloro che saranno poi tra i principali interpreti del rinnovamento postbellico dell’arte italiana, da Perilli a Dorazio, da Turcato a Carla Accardi e Consagra, tutti allora in proficuo dialogo con l’Europa. Da quella prima e radicale presa di posizione, Sanfilippo si muove costantemente nell’ambito dell’avanguardia astrattista sia italiana che europea. Sin dalla fine degli anni ’40, partecipa alle svariate attività dell’Art Club di Jarema e Prampolini, e affianca gli ex compagni di Forma nelle iniziative promosse dalla libreria-galleria Age d’Or, spazio che propone le pubblicazioni più aggiornate sulle sperimentazioni internazionali dove Sanfilippo tiene nel 1951 la sua prima personale romana, presentata da Cagli. In quel periodo è in contatto con il MAC milanese e con il Gruppo Origine. 
 
Dal 1952, quando comincia a sondare le potenzialità del segno liberamente steso sulla tela, avvia la sua collaborazione con il gallerista Carlo Cardazzo, esponendo dapprima alla Galleria del Cavallino a Venezia, poi al Naviglio a Milano. Sono occasioni che gli consentono di confrontarsi con le ricerche degli spazialisti e di alcuni esponenti dell’informale segnico vicini allora a Michel Tapié, che nel 1956 lo annovera tra i protagonisti dell’art autre e nel 1958, dopo averlo presentato nella personale in gennaio alla Galleria d’Arte Selecta a Roma, lo invita a esporre in aprile a Osaka accanto a Pollock, Kline, de Kooning e ai giapponesi del Gruppo Gutai. Il suo rapporto con il contesto internazionale si rafforza con la partecipazione, tra il 1957 e il 1958, alle iniziative della Rome-New York Art Foundation, importante luogo di incontro di artisti, collezionisti e critici del calibro di Herbert Read, James Johnson Sweeney e Lionello Venturi, e alla fine del decennio con le esposizioni alla New Vision Centre Gallery di Londra, punto di riferimento delle avanguardie più vitali in ambito europeo e del collezionismo anglosassone. Il percorso della mostra, con trentasei opere, è suddiviso in tre sezioni che testimoniano di quel periodo decisivo della ricerca di Sanfilippo, situata fra le aspirazioni giovanili a un rinnovamento formale e l’espansione pluriforme del segno negli anni ’60. Si apre con tre lavori del 1951 in cui si riconosce il progressivo allontanamento dal linguaggio neocubista e lo spostamento verso un’astrazione più radicale, di stampo neoconcreto. Un cambio di direzione, questo, documentato da Azzurro, uno dei primissimi dipinti del 1951, scelto per l’importante rassegna Arte astratta e concreta in Italia- 1951 alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma. Influenzato dall’opera matura di Kandinsky e di Hartung, nel 1953 Sanfilippo libera la struttura dei suoi quadri dalla rigidità delle forme geometriche, lasciando spazio a una gestualità più accesa che anima improvvisamente la superficie delle sue tele, come nel primo Senza titolo del 1953. Trova quindi un suo modo del tutto originale. Come appare evidente in un altro Senza titolo del 1953, l’uso di un particolare pennello gli permette di tracciare con un solo gesto un largo reticolo di linee parallele sull’intera superficie della tela, riconducendo così entro uno schema preciso la carica gestuale che si sta riversando nella sua pittura...
 
>> INGRESSO LIBERO da lunedi a sabato, con orario continuato dalle 10.00 alle 19.30
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